Dica tutta la verità!

Uno dei tanti passaggi memorabili dello Zarathustra di Nietzsche così recita:”tutte le verità taciute diventano velenose”.

Mi sono soffermato su questa frase per pensare che:

Si è vero, dire sempre la verità rende stupidi

Forse le Verità sono solamente ne nostre verità

Come la terapia omeopatica, qualche goccia di veleno rende più forti

Tacere agli altri verità scomode è un po come tacerle a se stessi

Quando si tace a se stessi ci si allontana dagli altri

Ho conosciuto gente con delle ben strane “papille gustative”

Le verità più grandi sono quelle che si sussurrano sfiorandosi

Dire sempre la verità richiede un portafogli ben ricolmo di “moneta” altrimenti si finisce per accarezzare il fantasma della solitudine

Colui il quale impone la sua verità, mente!

Le verità eterne affondano le loro radici nel terreno delle falsità!

Mi piaceva dire la verità perchè mi rendeva immune dal dubbio della menzogna ma ho vissuto di menzogne per poter scoprire piccole verità.

Schiavo e schiavo…soltanto nei migliori negozi!

Oggi mentre procedevo con la mia scarretta su di una strada secondaria ma ben collegata a vari centri logistici ho avvistato diverse prostitute che ammiccavano in cerca di clienti.

Sono quelle che in gergo chiamiamo schiave del sesso(che poi secondo me sono i clienti schiavi del sesso…ma questo è un altro discorso) o più giustamente schiave e basta. Ho quindi immaginato che ognuno di noi è di sicuro schiavo di qualcosa o di qualcuno sebbene pretendiamo di considerarci liberi. C’è l’imbarazzo della scelta.

C’è chi è schiavo del proprio lavoro perchè:

  • “mamma mia se non finisco mi sento in colpa”
  • vive di vita riflessa
  • tiene famiglia
  • tiene famiglia e debiti
  • tiene famiglia e debiti e l’amante
  • “mi piacciano gli stravizi”
  • ….è l’etica protestante

C’è chi invece è schiavo di qualche droguccia mescalina perchè è in fuga perenne da se stesso

C’è chi è schiavo del potere esercitato sugli altri ma non su se stessi….. e vice versa

C’è chi è schiavo del senso d’impotenza e d’inutilità

C’è chi è schiavo della robba e farà la fine di Mazzarò

C’è chi è schiavo del senso di sicurezza indotto da una marca in più da appiccicare alla propria personalità

C’è chi è schiavo dell’ horror vacui e non si sa immaginare immobile e statico e di fronte allo specchio, con il suo Io

C’è chi è schiavo del proprio Io e nella sicurezza indotta dall’estasi razionalista non si avvede dei fili che si diramano dall’inconscio personale e, se esiste, collettivo

Sicuramente ci saranno mille altri modi di essere, sentirsi e apparire schiavi…l’importante è scegliersi la schiavitù che fa al caso nostro e perseverare perchè senza schiavitù non c’è sicurezza.

 

 

 

 

 

Attenti al treno!

 

Miliardi di bit informatici si svegliano ogni mattina per informare di se gli utenti della rete e già che ci sono per informarsi di noi pesci nella rete. Digitiamo, spiamo, vediamo, amplifichiamo, mistifichiamo, contattiamo, sgomitiamo, ci affacciamo…insomma facciamo quello per cui siamo stati programmati. La velocità aumenta, il senso di sazietà arriva prima, il livello di egocentrismo sale e l’effetto “tossicodipendente” si insinua anche nei cervelli dei salutisti più talebani, figurasi gli altri!

Stimoli stimoli stimoli, sembra essere questo il cibo offerto dai bit al nostro cervello bulimico ma spesso la digestione è pesante, a volte gli stimoli sono avariati, ci si ubriaca e si finisce per vomitare. Stiamo offendendo e affrontando la nostra storia, la parte più antica e primitiva del nostro cervello vuole vendicarsi quindi deve insegnarci che in fondo siamo sempre gli stessi primati di qualche millennio fa e che qualche miliardo di connessioni neuronali non sono sufficienti a farci diventare individui pieni e coscienti.

Succede allora che, seguendo un andamento circolare, si rischia di tornare allo stato iniziale cioè ad uno stato con zero stimoli. Quando la luce è troppo forte gli occhi si chiudono. Quando il volume è troppo elevato cerchiamo di proteggere le orecchie.

La dissociazione (da un cielo terso, dal profumo del mare, dal senso di equilibrio, dal gesto appassionato), è la strategia di difesa…ma è ancora un lasciarsi vivere senza volontà di esserci, senza la volontà di recedere dall’inutile inflazione egocentrica.

Devo per forza cambiare la CPU!

Minchia ma sto caos costruito ad arte cerca incessantemente di condurci dritti dritti alla depersonalizzazione. E passo dopo passo ci sta riuscendo (non nel senso che è già uscito una volta e adesso con la scusa di aver dimenticato i lacci delle scarpe ri-esce). Cioè come dire i presupposti, cioè posti prima….si ma prima quando?, dai quali parto sono:

  1. L’uomo, vabbè facciamo anche la Donna (con la maiuscola perchè c’è la legge sulle pari opportunità!), son sempre quelli da mille e mille anni cioè un misto di carne e sangue e anima.
  2. I precitati sono al contempo portatori sani di caratteri opposti bontà e cattiveria, di animus e anima, luce ed ombra, volontà e accidia….aquila e serpente
  3. I suddetti sono anche fortemente impelagati nelle sabbie mobili della loro carnalità irrazionale ed irragionevole (o meglio che segue la sua propria ragione….che può essere anche di morte)

Nelle nostre civiltà occidentali contemporanee siamo da qualche tempo alle prese con nuovi fenomeni emergenti che volontariamente o involontariamente stanno decidendo il carattere della imminente catastrofe socio-politica. In questo caso intendo per catastrofe il cambiamento di stato di un sistema complesso, sebbene le menti dei catastrofici  siano alquanto ridotti a sistemi unicellulari primordiali.

Però tutte le volte che accendo il cervello mi domando e dico:

  • ma siamo gli stessi che hanno prodotto rinascimento e controriforma?
  • ma siamo gli stessi che hanno scritto le dichiarazioni dei diritti dell’uomo (vabbene e anche della Donna) e poi abbiamo tollerato le prigioni di Guantanamo e la guerra fatta con i droni?
  • ma siamo gli stessi che hanno ascoltato musica immortale e musicisti illuminati e ora vogliono inquinarsi l’anima con veleno omeopatico in chiave di offesa musicale?
  • ma siamo gli stessi che hanno dato vita ai più alti ideali di convivenza, fino alla commorienza, e oggi neghiamo l’esistenza del diritto alla vita?
  • ma siamo gli stessi che pretendono il diritto di essere rispettati in quanto persone, di essere amati in quanto compagni/e, di essere riconosciuti in quanto individui, di essere premiati perchè stacanovisti, di essere compianti perchè: “e quando lo trova un altro/a come me”, di essere ascoltati perchè anche noi abbiamo idee nostre….ma se il vento cambia verso buttiamo via la vecchia bussola credendo sia cambiato il magnetismo cosmico?

E quando la CPU, dopo i primi 3 decimi di secondo di attività, comincia a raggiungere temperature elevate il sistema suggerisce di attivare la modalità risparmio energetico perchè l’alternativa sarebbe un arresto del sistema…..e non sempre ne è possibile il ripristino.

The distance create indifference…la distanza crea indifferenza

La frase del titolo è tratta dal film documentario “Drone”, un viaggio lungo il fondo del fiume guerra e menzogna e stupidità e miseria e ….umano troppo umano.

Nuovi paradigmi interpretano il presente e vecchi abiti lo informano. Spesso la realtà si manifesta come un evento imprevisto e indesiderato. Si ma agli occhi di chi? Quali orecchie non vogliono ascoltare il rumore di fondo? E come mai non ciaccorgiamo della realtà se non quando si presenta come un un suono afono e stonato?vlcsnap-2015-11-25-22h17m19s715

La foto si riferisce ad uno dei tanti campi di selezione delle future leve che andranno a ingrossare le fila dei nuovi soldati virtuali. La distanza, appunto, crea indifferenza. La scoperta, il perfezionamento e l’utilizzo massiccio dei droni a scopi militari sta cambiando letteralmente le regole d’ingaggio bellico le quali saranno sempre più fondate sull’assunto del distruggi tutto quello che si muove purchè io non mi muova. Gli effetti saranno azzardi morali sempre più costosi per chi non potrà permetterseli, nuova violenza che genererà altra violenza e altre prevaricazione che grideranno vendetta al cospetto dei vari dei che popolano gli incubi umani. E’ tutto scritto nella legge dell’eterno ritorno. E dispiace vedere le ombre assumere sostanza e sostituire corpi e menti forgiate nel crogiolo di quella che per qualche anno stata la speranza di un mondo nuovo costruito sulle tombe dei  100 milioni di morti delle due guerre mondiali. La distanza crea indifferenza e porta scompiglio nelle menti di uomini che nel fondo sono quelli dell’ottocento ma devono fare i conti con gli stimoli del 2015 senza sapere bene cosa farne e come sfruttarli. La distanza è pericolosa soprattutto se è distanza tra il Se e l’Io cosciente. Un Io alla ricerca ossessiva di affermazione ed autoesaltazione suicida che troverà un argine in un luogo oscuro e tetro. Un cantiere portatore di cemento e stupidità!

Ridatemi le ali!

Ritorno al futuro

Non sarà un pezzo sulla coincidenza tra la l’omonimo film e quella odierna.

Si tratta piuttosto dell’innato moto, emotivo e allo stesso tempo razionale, a leggere  i fatti del mondo intero in una prospettiva unica nella quale tutto si tiene e nulla accade senza effetti per le altre realtà umane. In una visione olistica e teleologica, infatti, è necessario scorgere i collegamenti, o gli hub di collegamenti, di natura emergentista(cioè quelli che permettono il cambio di stato ai fenomeni sensibili come ad esempio dal gas al liquido, dalla rabbia alla gioia, dall’amore all’indifferenza, dal PCI al PD sic!). Propendo per la variante teleologica perchè è più utile ragionare in termini di finalità, e quindi di utilità e interesse, piuttosto che di causalità che invece da l’idea di ricostruzioni posticce. A meno che non si sia immersi in un presente assoluto mono-tono e mono-nota, non si sia ostinatamente stolti, non si voglia ignorare se stessi e non si sia del tutto avulsi dall’uso della capacità interpretativa, risulta alquanto difficile non notare un certo smottamento del piano umano dell’uomo. Questo risiede nella parte razionale e utilitarista delle nostre facoltà intellettive e si rivolge tanto alla sfera spirituale che a quella corporea.

Quanto a quella spirituale, l’optimum sarebbe la riconciliazioni degli opposti in un processo di individuazione cosciente. Questo richiedere dapprima il riconoscere la dualità assoluta del potenziale umano e successivamente la ricerca di un metodo di ricomposizione sublimante. Su questo piano siamo abbondantemente all’anno zero, anzi al -10 e questo perchè lo stato di dissociazione più pericolosa, che poi sarebbe quella fondamentalista, la fa da padrone nell’immaginario collettivo creando senso di inadeguatezza, tensione, paura, diffidenza, anomia e paura del futuro e ignoranza del passato in quasi tutti i normali cittadini( la tattica è semplice: io sono il buono, tu sei il cattivo, ti combatto ma non riesco mai a vincere perchè rinasci sempre più cattivo di prima….versione non religiosa Oppure: l’uomo è cattivo per natura, un giorno arriverà un salvatore ma nel frattempo devo pur fare le sue veci…versione religiosa). Restano forse esclusi da questo stato di indeterminatezza cronica i super padroni del vapore, i quali pretendono la risalita verso di loro del fluido vitale fatto di gocce di speranza concessa controvoglia a una piccola parte degli “occidentali” tra il ’45 e l’81. Poi il riflusso e ora la digestione. In questo stato di cose il mantra iperefficientista della produzione immateriale di sapere/potere si oppone strenuamente all’inefficienza naturale dell’uomo umano e ricerca quell’uomo cibernetico che si sta studianto in tutti i laboratori (da quelli cognitivisti a quelli farmaceutici sino ad arrivare alla robotica spinta). L’iperefficienza come nuova religione secolare decomunistizzata e parzialmente ricristianizzata.

Quanto alla sfera del corpo, questo grande saggio che non mente mai, si sta cercando di farne strame coltivando un falso mito estetico lontano anni luce dalla cultura del benessere equilibrato. Gli effetti dell’iperefficientismo arrivista, ma anche quelli del semplice disequilibrio distributivo si riverberano su comportamenti altamente autolesionisti in termini di qualità del presente e durata del futuro. Istanze naturali vengono represse sull’incudine del dio denaro che tutto  regola e vite senza senso vengono sprecate nella ricerca di modi sempre più esotici per fuggire dal proprio Se. Il corpo dicevo, annegato nell’estremo benessere o nella più oscura e obliterata memoria di se, diviene oggetto immobile sul quale incidere col fuoco la scritta “inutile”. Come tutte le cose importanti, ci accorgiamo del loro vero valore soltanto quando oramai è troppo tardi per rimediare e pur sapendolo insistiamo, come tanti piccoli lemming, nel voler colpire sempre più duro sull’incudine.

Una condizione siffatta sarà foriera di allontanamento ulteriore da noi stessi e dagli altri a noi vicini e non ce ne accorgeremo nemmeno, perchè saremo al tempo stesso oggetti e soggetti dell’agire quotidiano. Condensati così alcuni spunti di pensiero, forse un giorno verranno sviscerati e collegati a forma di uomo.

Questioni d’istinto.

E’ istinto! Quello vitale che non riesce ad assopirsi. L’uomo cerca da millenni la ricetta giusta per sublimare gli opposti acquietare la brama della volontà di potenza. Nelle versioni più riuscite la ricetta conduce all’abbandono della vita ed al rifugio nel nichilismo schopenauriano. In quelle più problematiche, il superuomo è finito dritto dritto al manicomio. Le religioni monoteiste non sono neanche a 100 chilometri dalla meta con tutto quel livore in forma di amore per il prossimo. Al giorno d’oggi c’è una sorta di rassegnazione sorda e adirata di fronte a quella che può sembrare uno stato di dissociazione permanente tra la rappresentazione della realtà propinata dai media, i valori guida strillati ad ogni piè sospinto dai buonisti e l’interazione sociale quotidiana che invece si colora di sfumature in completo disaccordo con quell’alone di candore in calze di nylon. Perchè rassegnazione sorda adirata? Perchè incapace oramai di ascoltare il dolce rumore delle onde che si infrangono sull’arenile alle 6 del mattino. Inaridita dall’incapacità di sentire gli odori di un mercato rionale. Impaurita dal continuo stillicidio di veleno iniettato a dosi omeopatiche con l’obiettivo di creare nevrosi e spegnere l’entusiasmo. Consapevole, nei giovani ma ancora di più negli adulti, che la vita che vale la pena di essere vissuta è quella con dentro un presente gustoso che mira al futuro consapevole di poter ridurre lo spazio tra gli opposti. Voler quindi farsi carico dell’uomo in quanto tale e non nella versione ad una dimensione (quella economica) che oramai è imperante e tradisce se stesso. Adirata verso se stessi e quindi verso il mondo esterno, reo di impedire la realizzazione di una futuribile che però non è più pensabile perchè cancellato nell’istante stesso in cui si propone alla mente. Il senso di inadeguatezza e di incompletezza spesso viene nascosto inconsciamente dal desidero indotto dell’ego ipertrofico che cerca così di rispondere alle sollecitazioni dell’inconscio che invece riporta tutto allo stato di verità una negata. L’istinto che riconosce la differenza tra il il volere ed il potere è lo stesso che cerca con ogni mezzo di ridurre lo iato tra la parte conscia e positiva e quelle inconscia e negativa o neutrale. Quando il percorso viene ostacolato da elementi esogeni incontrollabili e deleterei (oggi rappresentato dell’economicizzazione dell’intera esistenza) l’istinto di ribellione è fecondato, l’inquietudine non trova argini e spesso si finisce per ritrovarsi a vedersi dal di fuori come se l’individuo idealizzato non riconoscesse l’individuo realizzato.

Vabbè e quindi?

E quando si fa strada una sensazione di vuoto che vuole essere riempito, bene, allora c’è da capire o da spaventarsi. O ambedue le cose insieme.

Il capire perchè non si riesce a stare fermi nel metro quadrato di vita che si è creduto di voler vivere ma invece no. I confini sono mobili, liquefatti, inafferrabili e quel metro quadro diventa il mondo intero e l’intera fauna umana. Fiondati verso un non luogo del pensiero e delle emozioni ci si sposta senza attrito in uno spazio ipotetico dove la reificazione del senso dell’agire immediato deve pagare il prezzo di una ripetizione senza fine di gesti consueti. Gesti che però consumano la componente tempo nella creazione ripetuta e iterativa di “cose” nate già stanche. E quindi succede che traiettorie di vita oggettivamente inutili a se stesse acquisiscano  la parvenza d’importanza e di stabilità di una piramide egiziana(il matrimonio, il “non ci lasceremo mai, il posto fisso, la casa di proprietà, Dio i santi e la madonna, il partito comunista e quello democristiano, il pugno alzato ed il braccio teso, le costituzioni) . Eppure queste illusioni sono per forza di cosa necessarie onde evitare che ognuno di noi vada a far parte di quella squadra di folli e pazzi patentati messi sotto le cure “amorevoli” della psichiatria ufficiale, la quale è ben lieta di profondere abbracci “compassionevoli” e immobilizzanti. E quindi non resta che spaventarsi.

Ecco a questo punto entra in gioco la paura. L’ippocampo (che non è parente dell’ippopotamo!) si eccita e la sopravvivenza è assicurata. La corteccia celebrale vien messa a tacere e lo “stomaco” riprende possesso del proscenio. Si diventa tutti “volontà di potenza” e “carne cruda a cena”(e magari qualche migrante, profugo, immigrato, musulmano…galleggiante al tg1)

Dove s’incontrano, si sublimano e ci guidano questi due estremi, in quale luogo fantastico e quasi metafisico resta ancora un mistero sul quale i meno s’interrogano da molto tempo e del quale i più non sospettano l’esistenza ma l’avvertono inconsciamente( e qui si insinua l’arte seduttrice di una istanza luciferina).

Per il momento la partita è ancora sospesa ma ci sono buone probabilità che…lo resti per sempre.

Chiaroveggenze con nebbia.

Tempo fa mi è capitato di imbattermi in una mostra di Giorgio De Chirico, tra l’annoiato e l’interessato ho varcato la soglia del Museo. Mi sono invece imbattuto in mondo psichico alquanto affine allo stato d’animo del momento. Immagini surrealistiche inscritte in una traiettoria di significante assorbita nel significato che ognuno voleva o poteva dar loro. L’altra notte nel tentativo di vincere la battaglia contro la mia ombra ho reincontrato le sensazioni dell’epoca, son passati oramai 4 o 5 anni ma sembrano due vite fa, ed in particolare mi son venute in aiuto le muse inquietanti. In aiuto per modo dire, perché per sconfiggere la mia ombra anzi per cercare di neutralizzarla e di sublimare la diatriba in una sintesi di certo più completa, mi son fatto trasportare da emozioni quasi ottocentesche ritornate a galla dopo anni di oblio. Il senso ultimo di una natura umana destinata a ripercorrere le stesse strade ha permeato la ricerca della sublimazione ma, allo stesso tempo, ha allontanato l’illusione di una certa normalità inscritta sulle tavole dell’abitudine ricostituita. Sono stato quindi costretto a riprendere in mano le redini del carro condotto dai due cavalli (rubo da Platone) nella convinzione che soltanto un nuovo equilibrio dinamico possa ritrasportare me e la mia ombra in luoghi meno malsani. Intanto le muse inquietanti restano al loro posto e sono pronte a venirmi in aiuto sebbene credo abbiano già  imposto ai prossimi eventi una sorta di certificato di “ultimità”. Per chi ha fatto dello spreco e della dissipazione di esseri una sua ragion, e cagion, d’essere è semplice cogliere certi avvertimenti inconsci manifestatisi con evidenti intenti ammonitori. La ricostitutizione di una solidità ottocentesca è inevitabile e deve essere collocata nello spazio – tempo propri di un  futuro teso alla ricostruzione di quella via Appia che sola potrà ricondurre la costituzione delle immagini alla loro realizzazioni immaginate.

Premessa l’inutilità del post!

Ieri il parlamento greco ha approvato il terzo “pacchetto” di misure pro-austerità come se nulla fosse accaduto negli ultimi mesi e immagino che tra qualche tempo, quando si saranno mangiati anche questi altri 85 miliardi di euro, si ritornerà a parlare della crisi greca (e probabilmente di quella portoghese o spagnola o italiana) in preda al classico effetto da rimozione (Nietzsche 3 – Platone 0). Resto dell’idea che l’esperimento neoautoritario più evoluto ed efficiente resta quello italiano, con una passività degna della più perfetta “sindrome di Stoccolma” mai applicata. E qui ci viene in aiuto il nostro buon caro Max Weber con le sue tesi delle schiavitù volontarie. Lasciamo stare i numeri, così noiosi e che dicono anche troppo. Guardate in faccia i vostri vicini, i vostri parenti, i vostri amici e chiedetevi come sia stato possibile ridurci a mere ombre notturne immaginarie, cioè senza luce (neanche lunare) a disegnarla. L’ombra di per sè, o meglio come simbolo, dovrebbe essere la rappresentazione plastica dei nostri caratteri inconsci e antitetici a quelli consciamente voluti. Potremmo semplicemente definirla come il lato oscuro della luna (rubo il riferimento!). Ma non divagiamo.

Ovviamente non tutti saranno in grado di porsi la domanda che mi son fatto e faccio all’ipotetico mondo internettiano(io invece ho autocoscienza del fallimento umano in quanto coscientemente fallisco nell’interpretare il simbolismo inconscio rimandato dalle mie ombre che incontro ogni notte e quindi sicuramente sarei un buon pollo da spennare per occhiuti e “interessati, più ce interessanti” cit. psicologi…ok mi sono perso nei meandri dell’ipotesi simbolica del labirinto e quindi come punizione devo vedermi una puntata dei pacchi su RaiUno o ItaliaUno non ricordo), alcuni perchè incapaci (povere bestie, sono contente così: panem, circenses et selfie e via andare) altri perchè inconsciamente timorosi della risposta. Molti invece storceranno il naso e la bocca (provate a storcere il naso senza muove anche la bocca!) perchè a loro va bene così.

Ma cosa va bene così?

Ad alcuni va bene non pensare troppo, cioè arriva il barlume del dubbio ma ne sono allergici e quindi preferiscono concentrarsi sui 5cm più prossimi, vivere il momento, l’istante…come i cani insomma.

Ad altri invece va bene sentirsi superiori alla media di pecoroni pronti a farsi depredare di tutti i loro averi intellettuali e materiali, sono anzi quelli che ne traggono maggior profitto economico e sociale.

Poi ci sono quelli che va bene così perchè essendo instancabili pessimisti  e odiatori del mondo annusano bene l’aria che tira ed anzi sperano di suffragare questo loro pessimismo cosmico con le prove provate che ogni giorno vengono a galla dal profondo tedio e dalla paura che ci circonda. Non hanno interesse a impegnarsi per ribaltare il senso del viaggio.

E non possono mancare gli indefettibili falsi piagnucoloni che godono nel vedere il proprio prossimo sempre più in difficoltà per poi potersi ergere a salvatori spirituali, poche volte materiali, del collassato di turno.

E poi forse è giusto che sia così, com’era la storia della “stella danzante”?